Otello, di William Shakespeare: rabbia femminile e violenza di genere

Gli uomini dovrebbero essere quali sembrano, e quelli che non lo sono non dovrebbero essere chiamati uomini!

Iago- 3,3

Dunque, succede che Otello, condottiero al servizio della Repubblica di Venezia, sia l’oggetto dell’odio e del risentimento di due uomini: Roderigo, innamorato della moglie di lui Desdemona, e Iago, in collera con lui perché ha dato un ruolo più prestigioso ad un altro uomo, Cassio. I due si mettono quindi d’accordo per ottenere ognuno l’oggetto del proprio desiderio: fanno ubriacare Cassio, il quale in preda ai fiumi dell’alcol inizia a picchiare gente, Otello lo scopre e lo declassa.

A questo punto, il furbo Iago convince Cassio a chiedere alla buona e generosa Desdemona di intercedere per lui presso Otello per farsi ridare i titoli perduti, e lui ci casca: va spesso a parlare con Desdemona e Otello si ingelosisce, non senza l’aiuto di un delicatissimo Iago che prima gli ripete diecimila volte che lei dorme svestita nel letto di Cassio “ma magari senza malizia, eh”, poi giusto per stare sicuri escogita il tranello del fazzoletto —convince cioè sua moglie Emilia a prendere il prezioso fazzoletto di Desdemona, regalatole da Otello, e lo nasconde in camera di Cassio come prova che i due fanno le cosacce. Otello è ormai convinto che la moglie lo tradisca e decide di ucciderla “per proteggere il suo onore ed evitare che inganni altri uomini”. Ma come siamo magnanimi Otello.

Nell’epilogo, le classiche morti tragiche: Otello uccide Desdemona ma poi si accorge che lei era innocente e si suicida, Iago uccide Roderigo, la moglie di Iago e ancella/amica di Desdemona Emilia si uccide perché sì, Iago viene condannato a morte e Cassio prende il posto di Otello come governatore.

Gli uomini non sono che stomaci e noi non siamo che cibo; essi ci divorano avidamente e, quando sono sazi, ci rigettano.

Emilia – 3,4

La tragedia è ispirata ad una novella dell’italiano Giambattista Giraldi, nella quale succedono più o meno le stesse cose tranne una: la novella si limita a riportare i fatti così come avvengono, mentre nell’adattamento di Shakespeare non succede niente, se non nella mente di Otello. É tutto nella sua testa, è lì che nasce il tradimento e da lì si snoda tutta la vicenda: nonostante Emilia, vicinissima a Desdemona e presente ad ogni suo colloquio con Cassio, gli ripeta che lei gli è fedele, nonostante Desdemona non abbia atteggiamenti ambigui con Cassio né con altri, nonostante in realtà ogni cosa provi l’esatto contrario Otello è certo del tradimento, e dal momento in cui se ne convince non vede nei comportamenti della moglie che ulteriori prove — se è troppo silenziosa nasconde qualcosa, se parla troppo è felice perché è stata con Cassio, se non è in casa è per forza con l’amante, se si mostra sottomessa al marito è per nascondere il tradimento e se lo è troppo poco è prova del fatto che il cuore di lei non è con Otello.

La grandezza della tragedia sta nel fatto che questa non si tiene in piedi con i fatti ma con le paure di Otello, instillategli dalle parole di Iago: tant’è che, non fosse perché Shakespeare ha deciso di intitolare il dramma al Moro, si direbbe che il vero protagonista è Iago —Otello subisce, non lotta: è vittima di Iago, il quale lo batte non con le armi, in una sleale guerra psicologica, rendendolo vittima di se stesso. E comunque, il tema della tragedia non è l’invidia di Iago, è la gelosia, per questo il protagonista è Otello e non Iago. Shakespeare, sfoderando competenze sulla psiche umana che Freud se puoi spostarti che ci copri il Sole grazie, centra esattamente il punto: Otello non è geloso per colpa di Desdemona, non è geloso perché “ama troppo”, Otello è geloso perché Desdemona è sua e sua dev’essere e di nessun altro, nemmeno di se stessa; la sue gelosia nasce, come sempre, dall’insicurezza e dall’ego fragile, non dalla colpa altrui (”forse perché io sono nero […] o perché sto declinando nella valle degli anni”).

Oh, maledizione del matrimonio, che si possa chiamare nostre queste delicate creature, ma non i loro appetiti! Preferirei essere un rospo e vivere di miasmi in una umida segreta, che lasciare ad altri un angolo della cosa che amo.

Otello – 3,3. La “cosa” che ama sarebbe Desdemona.

I personaggi femminili di Shakespeare danno sempre grandi soddisfazioni, ma qui raggiungiamo vette di inesplorato piacere: Desdemona, ad esempio, è soggetto attivo più di quanto sembri, perché se anche è sottomessa al marito che asseconda in ogni cosa, fin dall’inizio decide per sè stessa sfidando ogni convenzione, ogni legge sociale per seguire i suoi desideri (disobbedisce al padre per obbedire al proprio desiderio sentimentale e sessuale, sposando da ricca donna bianca un uomo nero, rifiuta fin dall’inizio di lasciare che altri controllino il suo corpo e la sua vita).

Però è Emilia ad accorgersi per prima che quella di Desdemona è una situazione malsana, e mentre lei cerca in se stessa le colpe della gelosia misogina di Otello, Emilia prova diverse volte a dirle che se una colpa c’è non è sua, che suo marito è violento e possessivo oltre ogni ragionevole limite: al di là dell’evidente attualità del discorso, quello che risulta innovativo è che in un dramma che parla di gelosia si sia scelto di non adottare il solito univoco punto di vista maschile e di dare uguale spazio anche alle donne oggetto di questa gelosia, che sia presentata la violenza da entrambe le parti — quando è ancora oggi comune raccontare i femminicidi con narrazioni che empatizzano col “pentito che amava troppo” e non con la vittima.

Tra l’altro Emilia icona femminista che mentre sta rivelando a tutti il piano di Iago si sente ordinare da quest’ultimo di stare zitta e andare a casa e lei gli dice qualcosa del tipo “vacci tu a casa”. ti amo emily.


Come al solito, vi lascio link a rappresentazioni teatrali dell’opera, più link a vari approfondimenti sui temi fatti da gente più titolata di me.

Io vi ringrazio d’avermi letto anche stavolta e alla prossima!

sabrina

2 risposte a “Otello, di William Shakespeare: rabbia femminile e violenza di genere”

  1. Quanto è bella quest’opera! Molto interessante la tua analisi. 🙂 Ho adorato anche io i due personaggi femminili. Ancora una volta, Shakespeare riesce a sorprendermi. Le donne lasciano sicuramente il loro segno, e non sono quasi mai (o mai) veramente passive, anzi!

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    1. Grazie!
      Si, è una delle più belle, una di quelle che più si prestano a mille riflessioni diverse.
      I suoi personaggi femminili riescono a ridarmi fiducia nell’umanità come poche altre cose al mondo ♥️😁

      Piace a 1 persona

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