Solitamente il fantasy è un genere che non mi si addice, raramente ci trovo quello che cerco in un libro e quasi sempre mi annoia. Questo, insieme a tutto l’hype che ha circondato Piranesi da quando è uscito, pochi mesi fa, mi ha reso un po’ scettica al momento in cui ho deciso di prenderlo in mano. Ma sono contenta di averlo fatto, perché Piranesi di Susanna Clarke è bellezza allo stato puro: è un romanzo che racchiude in poche pagine studi di filosofia e metafisica, di mitologia e architettura, elementi fantasy, realismo magico, fino a sconfinare nel paranormale e nel thriller psicologico.
«Allora, signore, possa il suo Percorso essere sicuro», ho detto «il Pavimento intatto e possa la Casa riempire i suoi occhi di Bellezza».
Se avete letto Piranesi o ne avete già letto altrove sapete già che tentare di riassumere la trama è oltremodo impossibile e forse anche controproducente: primo, perché correrei senz’altro il rischio di rovinarvi la trama, e secondo, perché sarebbe come tentare di semplificare un intero multiverso in poche righe.
Per questo, della storia di Piranesi non posso e non voglio svelarvi niente: vi basta sapere che si tratta di un diario, scritto da un Io narrante che abita, insieme ad un uomo che chiama l’Altro, in una colossale e magnifica Casa, composta da grotte invase dalle maree e da intricati saloni bianco marmo, decorati con statue che sembrano nate col Mondo stesso e che sono talmente belle da sembrare vive. Piranesi, il nostro Io narrante, adora la Casa quasi fosse un’entità spirituale primordiale, una divinità protettrice infinitamente buona e sapiente— ma che, scopriremo man mano che le pagine scorrono, nasconde realtà scomode, preoccupanti e profondamente dolorose.
Ridotto all’osso, questo libro è un viaggio: un viaggio reale, tangibile, nel quale Piranesi e l’Altro si imbarcano per ricercare quella che chiamano “la Grande e Segreta Conoscenza”; ma si tratta, soprattutto, di un viaggio intangibile, allegorico, tanto intenso quanto disorientante, alla ricerca di una risposta agli enigmi filosofici sulla Vita, sulla Verità e sull’Esistenza, e agli interrogativi psicologici sulla fragilità della mente, sul mistero della malattia mentale e dei delicati equilibri del cervello umano.
É forse irrispettoso nei riguardi della Casa, il fatto che alcune statue mi piacciano più di altre? A volte mi pongo la domanda.[…] Eppure, allo stesso tempo, capisco che è proprio della natura umana preferire una cosa ad un’altra, trovare una cosa più significativa di un’altra.
La storia si prende i suoi tempi, stenta a decollare, e questa è una delle debolezze che in molti hanno trovato al libro: il primo centinaio di pagine non è altro che un innamorata descrizione—vista attraverso gli occhi di Piranesi— della Casa e delle sue bellezze, quasi come una visita guidata in un museo d’arte o in un sito archeologico. Io, che pure ammetto che la si possa trovare soporifera, ho adorato immergermi in quest’estetica dark academia, raffinata e molto distensiva: i toni onirici e fiabeschi con cui inizia la storia, il rassicurante candore della Casa e la tenera innocenza quasi bambinesca di Piranesi ci catturano subito, ci inducono a fidarci, a percorrere saloni e grotte, attratti e incuriositi da tanta candida bellezza.
Quando l’autrice ha ormai abilmente ottenuto la nostra fiducia e noi, come ipnotizzati dalla scrittura così deliziosamente fluida, saremmo disposti a seguirla ovunque, solo allora la storia si espande, poco alla volta, in territori inquietanti, e quella che fin’ora credevamo una sorta di re-telling in chiave fantasy di un mito greco inizia a sconfinare pericolosamente in ambienti quasi horror, e a rivelarsi più simile a un thriller: è qui che la storia prende velocità, ed il lettore si trova di colpo, spaventato ma in qualche modo un po’ morboso anche intrigato, a vagare sperduto in un labirinto confusionario e angosciante senza nemmeno sapere come ci è finito.
Il finale è stato accusato di frettolosità da molti lettori, ed in effetti si risolve in fretta, in una sorta di sprint finale che può lasciare scontenti e dare l’impressione di essere ancora “a bocca asciutta”, di volerne di più: io faccio di nuovo da bastian contraria e dico che, da parte mia, l’ho trovato invece l’unico modo di concludere la storia senza correre il rischio di strafare. I finali aperti (se di finale aperto si può parlare) lasciano sempre insoddisfatti, ma certe storie un finale a cerchio perfettamente chiuso semplicemente non ce l’hanno, specie se, come Piranesi, affrontano questioni vecchie come il mondo (il mistero della vita, della percezione della realtà, la morale e l’etica,..) che tutt’oggi non possiamo pretendere di risolvere.
La Bellezza della Casa è incommensurabile; la sua Gentilezza, infinita.
Era da tempo che non mi capitava una storia come questa, coinvolgente, intensa, enigmatica ma non troppo impegnativa, con uno stile narrativo talmente pulito e piacevole che oserei descrivere come magnetico e assuefacente.
Nel caso non l’aveste già fatto, mi trovo costretta a consigliarvi vivamente e come se ne andasse della mia vita di leggere Piranesi di Susanna Clarke. Non ve ne pentirete.
sabrina
Edizione: Fazi Editori, 2021. Trad. Donatella Rizzati. 268 pag.
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